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Presso l’Università di Berna e il Politecnico di Zurigo, un gruppo di ricerca guidato dai dottori Steven Proulx e Miriam Ries indaga i movimenti dei fluidi nel sistema nervoso centrale. Da decenni è in atto una discussione sulle vie di deflusso del cosiddetto liquido cerebrospinale: i ricercatori hanno mostrato come, diversamente da quanto si riteneva un tempo, questo fluido defluisce in gran parte nel sistema linfatico, e non direttamente nel sangue.

L’interessante articolo è è tratto dalla rivista infoalzheimer, edizione agosto 2020

Il 7 è 8 settembre presso l’Auditorium Hotel Villa Maria

Monica Coggiola: intervista

Intervistata dalla Clinica Linfologica Italiana!

Sul sito www.lymphedema-clinic.com potete trovare informazioni ed esercizi per pazienti affetti da linfedema.

Qui di seguito, un paio di video di esempio.

Ho ricevuto una mail da M.J, una mia ex allieva canadese, che mi esponeva il caso di un paziente al quale, in seguito a ischemia, ha manifestato un edema secondario all’arto superiore, in particolare a mano e dita.

Posso trattare il paziente? Bendare? Posso creare problemi?
Ho girato la domanda al dott. Costantino Eretta, uno dei più competenti linfologi italiani, che da un anno a questa parte collabora con la dr. Vodder Akademy.

Ecco la risposta del dott. Eretta:

“Non è inusuale vedere degli edemi post ischemici, questo dipende dall’ estensione, dalle aree colpite e dall’ esito del paziente.
Un deficit di forza, per esempio, comporta anche riduzione del tono muscolare e della vasodilatazione periferica perché i meccanismi di feed back al momento risultano alterati, così pure come il decubito obbligato su di un fianco. La situazione potrebbe essere ancora più problematica se il paziente fosse stato in rianimazione.
In questi casi, è buona cosa procedere con il LDM e bendare, se poi il paziente sta lunghi periodi a letto o seduto è consigliabile sopraelevare l’arto colpito.”

Prendersi cura di un paziente oncologico, in particolare quando si tratta di Terapia Palliativa, significa accompagnare un Essere Umano durante una fase molto speciale e difficile della sua vita. Il trattamento di LDM, effettuato sotto stretta prescrizione medica, dovrà essere accuratamente valutato per adattarsi alle condizioni del paziente, ponendo particolare attenzione sia all’ambiente in cui si svolgerà la seduta, che al confort del paziente, che all’estrema delicatezza del tocco.

La durata e la frequenza delle sedute non possono rientrare in schemi e protocolli standard, ma verranno stabilite di caso in caso. È indispensabile avere a disposizione una stanza tranquilla e riservata, evitando la presenza o il passaggio di altre persone. La posizione del paziente sarà la più confortevole possibile, grazie anche all’utilizzo di cuscini; il corpo del paziente rimarrà coperto salvo per le parti del corpo sulle quali si starà via via operando. Il LDM secondo Vodder non deve mai provocare arrossamento, fastidio e, tanto meno, dolore. Una caratteristica particolare che lo contraddistingue è che risulta efficace anche nel caso in cui non sia possibile toccare direttamente la zona sulla quale si vuole agire a causa di problemi locali ( piaghe, metastasi, dolore, radiodermite, impossibilità a posizionare il paziente in modo ottimale, ecc…).

Si tratta infatti di un massaggio riflesso, che permette di erogare un trattamento efficace anche lavorando a distanza; a tale scopo si agirà inizialmente (se possibile) a livello delle stazioni linfonodali del collo fino al Terminus (angolo venoso alla confluenza tra vena giugulare e succlavia ) e, successivamente, sulle aree circostanti la sede del linfedema, seguendo le vie di deflusso linfatico della pelle, se ancora pervie e funzionanti, o utilizzando vie alternative (anastomosi) che prevedono anche l’attraversamento delle fisiologiche linee spartiacque. Si potrà poi arrivare a trattare la sede dell’edema: naturalmente, si tratta di indicazioni generali poiché sarà indispensabile valutare ogni singolo caso. Con questa tecnica, il terapista induce un effetto simpaticolitico: mi è spesso successo di trattare pazienti in terapia palliativa che riuscivano a rilassarsi fino ad addormentarsi durante il LDM, trovando un po’ di tregua dai dolori dai quali erano tormentati, nonostante le forti terapie antalgiche.

Contrastando il linfangiospasmo, otteniamo un effetto analgesico, che si basa sulla stimolazione, tramite le nostre manualità ritmiche, lente e monotone, dei meccanorecettori della pelle, antagonisti dei nocicettori ( teoria del cancello, Melzack e Wall). Gli effetti del LDM secondo Vodder sono stati dimostrati scientificamente e, anche in caso di terapia palliativa, noi abbiamo la possibilità di contribuire a migliorare la qualità di vita del paziente, anche se, naturalmente, non sarà possibile paragonare i risultati ottenuti in questi casi con quelli che si possono conseguire con il trattamento di un linfedema benigno.

IL LDM potrà essere seguito, se gradito e richiesto dal paziente, dal bendaggi dell’arto edematoso, mentre il tutore elastocompressivo risulta solitamente insopportabile a causa dell’aumento volumetrico estremamente rapido che contraddistingue un linfedema maligno, delle limitazioni funzionali (si tratta di pazienti spesso allettati) e delle neuropatie sovente associate. In ambito palliativo, la pressione del bendaggio deve essere sempre ridotta rispetto a quella normalmente utilizzata per un linfedema benigno, al fine di non provocare fastidio o dolore, allo scopo utilizzo solitamente bende a lunga elasticità, che applico con minima tensione.

Si tratterà quindi di una terapia palliativa nel vero senso della parola : «coprire il problema con un mantello», dal latino pallium = mantello. In ogni situazione ed in ogni momento la nostra manualità ed il nostro bendaggio verranno adattati alla sensibilità del paziente per quanto riguarda l’entità della pressione. Il trattamento di un paziente arrivato al termine della propria vita richiede senza dubbio grande sensibilità da parte del terapista, che deve ricercare l’equilibrio tra un atteggiamento di eccessiva compassione e di freddo distacco, ponendosi nel corretto atteggiamento improntato a calorosa empatia.

V.D., una ft mia ex allieva, mi scrive chiedendomi delucidazioni in merito al tutore più adatto per una paziente affetta da lipedema e mi invia la fotografia della signora che indossa le calze autoreggenti che le sono state consigliate e vendute: calza elastica autoreggente, di 1a classe di compressione, di taglia standard e a maglia circolare.
Qual’è la calza giusta in questo caso?

Dalla fotografia appare chiaro che una calza autoreggente a maglia circolare sia del tutto inadeguata per diversi motivi in casi come questo.
Il lipedema è una caratteristica strutturale tipicamente femminile che inizia in sede peritrocanterica e tende a scendere in senso prossimo distale, il piede non è mai coinvolto anche nelle pazienti il cui si raggiunga uno stadio 3. È dolente alla pressione e facilmente compaiono ematomi anche a minimi urti o pressioni
La tipica forma dell’arto a piramide rovesciato fa si che una calza autoreggente tenda a scendere e comunque non contenga l’area prossimale degli arti inferiori, cioé proprio la zona che maggiormente necessita di contenimento. Se poi la calza autoreggente non scendesse, significherebbe che l’anello di silicone che la sostiene prossimalmente è costrittivo e causa una strozzatura.
A mio avviso, il miglior tutore è un collant ( o una calza a “Leggins”) su misura e a trama piatta, di prima o seconda classe di compressione ( a secondo della sensibilità individuale), da indossare durante il giorno.”

 

Thor è un cucciolo di pastore maremmano di 3 mesi; di una cucciolata di 9 cani, 3 sono affetti da linfedema primario: 2 femmine in grado lieve e con localizzazione unilaterale (ad una zampa posteriore), Thor in forma più severa in quanto il LE è bilaterale ed interessa entrambe le zampe posteriori, con evidente e tipica asimmetria.
Solitamente, un allevatore che scopre di avere un cucciolo con questo tipo di patologia, sceglie di sopprimerlo, in quanto non sarà commercialmente appetibile e rappresenterà soltanto un animale in più da accudire e per il quale occorrerà sostenere spese senza avere un rientro economico.
Di conseguenza, sarà ben raro che un “paziente” di questo tipo si presenti ad un terapista per sottoporsi a sedute di Terapia di Decongestione Combinata (TDC) anche se i risultati sarebbero presumibilmente buoni, poiché si tratta pur sempre di una patologia cronica, che richiederebbe cioè una terapia a vita.

In data 23.11.2015, in occasione di un corso di LDM secondo Vodder e TDC che tengo a Verona, ricevo la richiesta da parte di un’allieva, la dottoressa Elena Frighetto, fisioterapista di Padova (amica della veterinaria dell’animale) di valutare questo cucciolo e di effettuare una seduta dimostrativa di Terapia di Decongestione Complessa di fronte a tutta la classe. Non è la prima volta che tratto un cane con Linfodrenaggio Manuale secondo Vodder, ma mai per un linfedema, quindi la proposta mi incuriosisce ed accetto volentieri. La dott.ssa Frighetto si occuperà poi del cagnolino, effettuando personalmente i successivi trattamenti di TDC.

Mi consulto con il dott. Costantino Eretta, uno dei massimi esperti italiani nell’ambito della linfologia nonché collaboratore della dr. Vodder Akademy in qualità di docente per la sessione teorica dei corsi di LDM secondo Vodder e TDC di livello avanzato. Costantino mi risponde prontamente: ha approfondito la conoscenza del modello animale prima di eseguire gli interventi su pazienti affetti da linfedema e mi dice che, secondo quanto appreso a livello sperimentale, il cane si comporta alla stessa maniera dell’ uomo con i limiti ovviamente della collaborazione! Comunque, mi conferma che questi animali  rispondono molto bene sia al ldm che al bendaggio e che potrà essere  più difficile farla accettare , ma comunque ben tollerata, anche la calza elastica : in questo casi meglio il cotone in I classe. Mi suggerisce anche di provare ad utilizzare  bende coesive e cotone di germania come imbottitura.

Anamnesi/Ispezione / Palpazione: la proprietaria del cane riferisce che il cucciolo non ha precedenti famigliari di LE; il LE è presente dalla nascita, e- come ho modo di verificare tramite la palpazione – non è associato a dolore o fastidio, è bilaterale, localizzato alle zampe posteriori, asimmetrico, di consistenza morbida, non sono presenti concomitanti deformazioni ortopediche.
L’animale gode di ottime condizioni di salute, è vispo, affettuoso, molto docile per cui, con la scusa di accarezzarlo e coccolarlo, non oppone nessuna resistenza al trattamento e di buon grado si lascia posizionare sul lettino da massaggio.
Con l’aiuto dei miei allievi e di qualche biscottino, riesco a prendere un paio di misure alle zampe del cane, misure che riprenderò al termine del trattamento al fine di verificare un’eventuale perdita volumetrica.
Tratto Thor con manovre preliminari e bilaterali di svuotamente delle catene linfonodali del collo, successivamente lavoro l’addome in profondità. Poi, prima dal lato meno edematoso e poi dall’altro, eseguo movimenti di drenaggio dapprima prossimali e poi via via più distali ma sempre in senso disto-prossimale (in modo analogo a come avrei lavorato su una persona (cioè lavorando verso la stazione linfonodale ascellare), quindi mi avvicino alla radice delle zampe posteriori. Infine, tratto le zampe con prese ad ampia superficie, sempre lavorando dapprima la porzione prossimale e via via scendendo distalmente.

A dimostrazione dell’effetto simpaticolitico del LDM secondo Vodder, Thor accetta con piacere il trattamento e, dopo pochi minuti, si rilassa fino al punto di addormentarsi, permettendomi di lavorare in tutta tranquillità per una ventina di minuti. Su mio invito e sotto la mia supervisione, alcuni allievi provano a trattare il cucciolo con manualità analoghe.
Riprendiamo le misure sui punti valutati precedentemente e constatiamo una perdita di volume da 1,5 a 2 cm rispetto all’inizio della seduta.

A questo punto, il dott. Salvatore Cappello, espertissimo tecnico ortopedico che ci ha raggiunto espressamente da Torino, prende le misure alle zampe di Thor per l’allestimento di un paio di calze elastocompressive, optando per un paio di calze a trama piatta di 1° classe di compressione Elvarex di Jobst, che saranno sostenute con una particolare “cintura” , chiusa con velcro, posizionata attorno alla vita del cane e che saranno utili per la fase 2 di mantenimento. Tali calze verranno inviate alla proprietaria del cane, che viene istruita per il corretto indosso.

Infine, bendo le zampe bilateralmente utilizzando dapprima un tubolare di cotone salva pelle, poi cotone germanico come imbottitura ed infine bende di garza elastica Mollelast di L&R per una zampa e bende coesive Esafix di BSN per l’altra.
Thor è stato bravissimo: viene depositato a terra e, dopo aver ricevuto un’ulteriore gratificazione alimentare nonché carezze e complimenti da tutti noi, se ne va trotterellando con la sua padrona, del tutto incurante delle bende, soffermandosi soltanto, appena uscito in strada, per una lunghissima pipì!

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Questa metodica è stata messa a punto dalla fisioterapista israeliana Dorit Tidhar, che la presentò per la prima volta nel 2003 in un Congresso internazionale a Barcellona e, nello stesso anno, a Montreal.
La dottoressa Tidhar tiene corsi per l’insegnamento della tecnica; tali corsi sono riservati a terapisti in possesso di formazione completa di Linfodrenaggio manuale e TDC.

Scopo di questa tecnica è formare terapisti in grado di condurre corsi destinati a pazienti affetti da linfedema primario o secondario agli arti superiori o inferiori, edema venoso e lipedema rendendoli in grado successivamente di gestirsi anche in modo autonomo.
Si tratta di esercizi specifici, lenti, rilassanti e…divertenti!, che vengono condotti in una piscina di profondità tra 1,20 e 1,40 m., con temperatura dell’acqua tra 32° e 34°C, per la realizzazione dei quali non è necessario saper nuotare; in genere si effettua un incontro settimanale della durata di 1 ora, vengono utilizzate anche tecniche di auto-drenaggio e di respirazione. I risultati sono apprezzabili immediatamente e vengono costantemente monitorati dal terapista tramite misurazioni pre e post- sessione.

In base a studi e ricerche effettuate, il metodo ALT è risultato essere sicuro.
ALT sfrutta i benefici del massaggio effettuato dall’acqua quando ci si muove in essa e le caratteristiche fisiche dell’acqua stessa ( galleggiamento, viscosità, pressione idrostatica, resistenza ) per ottenere un effetto drenante paragonabile a quello del linfodrenaggio manuale; offre la possibilità al paziente di socializzare migliorando il rapporto con la propria fisicità e con gli altri, stando in gruppo e condividendo le proprie esperienze; migliora la qualità di vita dei pazienti affetti da queste patologie croniche ancora ben poco note ai più; migliora la mobilità; rafforza e tonifica la muscolatura; può portare ad una ulteriore diminuzione del volume dell’edema o comunque ad ottimizzare i risultati ottenuti con la Terapia di Decongestione Complessa.
Il primo corso di ALT in Italia si è concluso l’11 novembre scorso, Dorit ha formato 9 nuove fisioterapiste ( 8 in Italia ed 1 che vive e lavora in Irlanda ), che saranno in grado di condurre gruppi in piscina, rivolti a pazienti affetti da queste patologie.

Si tratta di una metodica davvero innovativa che costituisce uno strumento efficace per i nostri pazienti!
Se vuoi saperne di più contattami!